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Lo sguardo del vicino

LO SGUARDO DEL VICINO

15 settembre 2024 – 24ma domenica del Tempo Ordinario B

VANGELO

Dal Vangelo secondo Marco – In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».

RIFLESSIONE

Prendere e perdere: prendi la croce e perdi la vita per trovarla. Quando leggo questa pagina vado in crisi: ma cosa vuoi Dio? La domanda diventa un boomerang: ma io cosa voglio da lui?

Portare la croce se è un ciondolo è facile e può essere bello.

Mettere una croce su una parete già può infastidire.

Fare un segno della croce davanti a una chiesa o a un cimitero o su di sé al mattino e alla sera diventa più complicato.

Segnarsi prima di iniziare a mangiare o di qualche attività (tanto più se in pubblico) è impresa proprio difficile.

Prendere la croce e piantarla nella vita sembra assurdo.

Un contadino stanco della solita routine nei campi, oppresso dal solito lavoro, demotivato dalla solita fatica, decise di svendere la sua tenuta. Per fare l’annuncio chiese aiuto al vicino di casa, un po’ artista, che scrisse: “Vendo un pezzettino di cielo, adornato di profumati fiori, circondato da danzanti alberi verdi, abbracciati da un rigagnolo in cui l’acqua gioca con un azzurro velo cristallino scintillante. Qui c’è uno spazio tutto e solo per te”.

Passava il tempo e vedeva il contadino ancora e sempre impegnato nel campo. Curioso domandò: “Non hai venduto?”. “Proprio no! Dopo aver letto come era, non sarò matto?!”.

“La gente chi dice che io sia? E invece per te io chi sono?” chiede Gesù oggi nel Vangelo ai suoi discepoli e quindi a noi.

Siamo talmente abituati a Dio che spesso è solo una fatica e ce ne vogliamo magari anche sbarazzare a poco prezzo.

Lo stesso, purtroppo, facciamo con la nostra realtà: sentiamo le fatiche e non ne percepiamo il bello e il valore.

Piantare la croce è trovare la novità nascosta nella banalità.

Rinnega te stesso, dice: rinnega le cataratte che incupiscono.

Dio non cambia la realtà, ma cambia me. La fatica resta fatica.

Cambia il modo di guardare se stessi, gli altri, gli eventi.

È la differenza tra il seguire il Risorto per una vita nuova e il farsi rincorrere dai fantasmi della vita passata: sono gli scheletri nell’armadio di relazioni o sogni uccisi, sono le aspettative morte, sono le delusioni che uccidono.

Il Signore è “il vicino” che scrive quelle righe per noi. Sono il Vangelo. Imparare a “pensare secondo Dio” è capire come riconoscere quella preziosità che lui vede in me e che io invece tante volte non riesco più a ritrovare. Il modo di ragionare di Dio fa riscoprire stupore là dove io vedo solo la solita opaca ovvia fatica quotidiana.

Anche a Gesù non andava bene la sua croce. La croce non è mai comoda. È pesante! È un patibolo!

Il Crocifisso invece è un amico che dona la forza per una scelta di qualità tra cosa prendere e cosa perdere. Non c’è bisogno di cercare chissà cosa, né di svendere nulla, essenziale è ritrovare autocoscienza e salvare l’autostima. Questo è piantare la croce dentro la banalità opaca che soffoca.

Chiedere a Dio “tu chi sei?” è come chiederlo allo specchio, è un boomerang che ritorna su di te: “io chi sono?”.

A differenza dello specchio, però lui un’idea chiara ce l’ha: nessuno è perfetto, ma ciascuno è speciale. Un pezzo di cielo.

È tanta roba pensarmi un ben di Dio! Posso allora svendermi? Proprio no! Adesso che so come sono, non sarò matto?!