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Il coraggio dell’aquila

IL CORAGGIO DELL’AQUILA
22 settembre 2024 – 25a domenica del Tempo Ordinario B

VANGELO

Dal Vangelo secondo Marco – In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

RIFLESSIONE

Mentre cerchiamo di insegnare ai bambini tutto sulla vita, i bambini ci insegnano che la vita è tutto (Angela Schwindt).

“Di cosa discutete?” domanda Gesù ai discepoli e a noi oggi. Chiediamoci: di cosa parliamo in casa, tra amici o al lavoro? Quali discorsi ci attirano o quali ci infiammano?

Come gli apostoli, non siamo sempre limpidi, ma inquinati da gelosie, invidie, tensioni, incomprensioni, insoddisfazioni. La non chiarezza genera malcontenti e aggressività (come descrive San Giacomo nella 2a lettura). Ci comportiamo così persino con Dio, cercando di tirarlo dalla nostra parte invece che andare noi dalla sua.

Metterci in discussione per cambiare sembra impossibile. Eppure ci riescono persino gli animali.

Ad esempio, le aquile vivono circa 40 anni, ma a 30 anni devono prendere una decisione coraggiosa: le unghie crescono e non riescono più a trattenere nulla, il becco diventa troppo curvo verso il petto e ostacola molto, le piume invecchiate appesantiscono e volare diventa arduo.

Hanno due alternative: rassegnarsi pessimisticamente e morire, oppure affrontare un coraggioso processo di rinnovamento che consiste nel ritirarsi in un nido tra le montagne, colpire la roccia con il becco finché non si spezza, attenderne il riformarsi e con questo troncare i vecchi artigli; infine con quelli ricresciuti strapparsi tutte le piume.

Dopo mesi di sacrifici c’è la rinascita: l’aquila spicca il volo, ritorna alla vita, si sente bella e forte, si accoppia. Le unghie acuminate, il becco a uncino ripiegato, le piume pesanti la distaccavano da sé, dagli altri, dalla realtà.

Gesù ci offre nella figura del bambino tre indicazioni: si siede, mette al centro un bambino e lo abbraccia.

1) Sedersi. È regalarsi tempo per riconsiderare se stessi come l’aquila che si ritira. Un bambino è disponibilità. Non è ingenuità, ma volontà di imparare, infatti (notava G. Leopardi) “i fanciulli trovano tutto nel nulla, noi adulti invece troviamo il nulla nel tutto”, chiusi in una scorza dura e incalliti in abitudini rassegnate. Abbiamo sempre da brontolare invece che meravigliarci.

2) Mettere al centro. È fare scelte coraggiose per il meglio, come l’aquila che affronta le sue limitazioni. Un bambino è voglia di crescere, di essere più grande. Non è incapacità da colmare, ma energia da investire. Quanto dovremmo lavorare sui nostri artigli graffianti, sulle nostre labbra uncinate, sulle nostre pesantezze.

3) Abbracciare. È rendersi conto della preziosità della vita che ci è donata, come l’aquila che torna a spiccare il volo. Un bambino è spontaneità serena. Non è incoscienza, ma fiducia nel bene, nel bello, nel buono che porta ad amare senza dubitare, a baciare senza avvisare, a ridere senza vergognarsi, a credere a sogni impossibili.

Sedersi, mettere al centro, abbracciare. Gesù lo fa col bambino per insegnarci a farlo con noi stessi, con gli altri, con gli eventi e le possibilità.

Disponibilità, voglia di crescere, spontaneità sono uno schema comportamentale che smonta l’accartocciarci in mille complicazioni credendo di sapere tutto della vita dimenticandoci invece che la vita è un tutto. Come insegna l’aquila, basta volerlo: non è mai troppo tardi.