CAMMELLI O SARTI?
13 ottobre 2024 – 28ma domenica del Tempo Ordinario B
VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco – In quel tempo un tale corse incontro a Gesù e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Tutto è possibile a Dio».
RIFLESSIONE
“Dove passa Attila non cresce più l’erba”: dice il famoso detto sul re degli Unni, il flagello di Dio. Nessuno riusciva a resistergli, era un barbaro spietato e feroce, capace di annientare chi e cosa intralciasse il suo cammino. Sapete come muore Attila? Di indigestione.
Il suo vero nemico, quello più feroce, è stato lui stesso.
È la stessa dinamica del Vangelo di oggi, del giovane triste che fa indigestione di ciò che ha e perde ciò che può essere, che fa indigestione di apparenza perbenista e perde il sorriso.
Non è questione di portafoglio pieno ma di ego ingolfato.
Per Dio è meglio essere pieni di “se” che pieni di “sé”, perciò provoca con il cammello e la cruna di un ago.
Se si prende l’immagine letteralmente è impossibile. Si può cercare di ridurre l’impatto del paradosso con alibi che stringano il cammello o allarghino la cruna.
Giocando con la traduzione dall’aramaico al greco antico, “kamilon” non è solo l’animale ma pure la corda da marinaio (gomena): questo dà più possibilità anche se ancora poche.
Più fattibile, seppur ancora complessa, è l’interpretazione di chi vede nella “cruna dell’ago” la piccola porta nelle mura di Gerusalemme così detta per la sua strettezza che costringeva i commercianti a spogliare i cammelli di quanto portavano.
Di fatto resta sempre lo scontro tra finezza e grossolanità: se vuoi entrare nella cruna (qualunque essa sia) devi sgonfiarti, devi ammorbidirti, devi svuotarti delle zavorre. “Liberati e troverai il tesoro della vita”, dice Gesù al giovane.
La grossolanità “cammellosa” disordina e spacca.
La finezza richiede delicatezza, precisione, fermezza.
La grossolanità è vinta dalla finezza di uno sguardo che ti fa sentire amato, apprezzato, capito, accompagnato. Libero.
Papa Francesco, preoccupato per “una terza guerra mondiale a pezzi” ha invitato al digiuno rielaborandone però il concetto:
“Per ottenere la pace facciamo digiuno. Togliere qualche cibo è esercizio per avere controllo su noi stessi.
C’è bisogno però di qualcosa di più radicale: digiunare da parole dure, ostili, aggressive, da prese di posizione ostinate che rompono legami, da pregiudizi, da calunnie.
Digiuniamo dall’essere schiavi del giudizio altrui, dal rancore per qualche torto subito, dall’indifferenza che umilia, dall’invidia e dal risentimento, da relazioni tossiche, dal pessimismo per cui tutto è inutile. Digiunare è anche chiedere perdono.
Non possiamo invocare la Pace per il mondo se non lavoriamo per la Pace nel nostro cuore, nelle nostre relazioni, nel nostro quotidiano. Se vogliamo la Pace, prepariamo la Pace!”.
Proprio perché è meglio essere pieni di “se” che pieni di “sé”, Gesù oggi consegna un ago. Il grossolano non sa cosa farsene e lo usa per punzecchiare, per ferire, per rovinare con graffi.
Per chi ha uno sguardo raffinato invece l’ago è uno strumento importante. Innanzitutto va usato per bucare i palloni gonfiati.
Poi, infilandoci la seta della vita con le sue infinite sfumature, serve per ricucire gli strappi, per unire pezzi diversi, per creare su misura, per ricamare dettagli donando bellezza.
Sono criteri per “seguire” lo stile Dio verso gli altri e se stessi.
Sta a noi scegliere se essere cammelli o sarti.