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Metterci cuore

METTERCI CUORE
6 ottobre 2024 – 27ma domenica del Tempo Ordinario B

LETTURE

Dal libro della Genesi – Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina “lo” creò. Il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”. (…) Allora il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà isha-donna, perché da ish-uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un’unica carne.

Dal Vangelo secondo Marco – In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono per metterlo alla prova, domandando a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Ha permesso di scrivere un atto di ripudio». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

RIFLESSIONE

A una coppia arrivata al 60mo di matrimonio è stato chiesto: “Come siete riusciti a stare insieme così tanto tempo?”.

La risposta è stata disarmante: “Siamo nati in un’epoca in cui le cose rotte non si buttavano, ma si aggiustavano”.

È lo stesso messaggio di Genesi: serve metterci cuore.

Per esprimere “il senso” (lasciando alla scienza “il come”) parla di costola ma di fatto descrive un trapianto di cuore (e lo narra circa 2.500 anni fa, senza nozioni anatomiche).

Per dirne la straordinarietà usa persino un errore grammaticale: “maschio e femmina LO creò” (invece che “li” creò).

L’essere una carne sola è incorniciato nel torpore dell’estasi, nella bellezza di una carnalità che fonde in “uno” come coppia e che contiene in sé il potere di Dio di creare “una” vita.

C’e poi una forzatura lessicale con “ish-uomo” e “isha-uoma”: letteralmente non è “donna” ma è un femminile improprio, per portare a scoprire nel “noi” una nuova identità di se stessi.

[I nomi scelti sono geniali. Adamo significa “persona”, è quindi un nome collettivo che indica ciò che accumuna. Eva è uno sviluppo del verbo “essere per” (la stessa radice biblica del nome di Dio: Hewa – Yawhe), per questo si annota “è la madre dei viventi”, dunque indica ciò che differisce. Adamo ha bisogno di “qualcuno che gli stia di fronte”, che sia “simile” cioè in parte identico e in parte differente, cercando unità nella differenza e specificità nella comunione.  Puoi “dare un nome” per classificare, come con gli animali, oppure puoi “chiamare” attendendo risposte come con l’altro: infatti “ish-uomo” risale al verbo “iniziare, dare forma” e “isha-uoma” ne è sviluppo in “portare a compimento”].

L’antica sapienza ebraica, nel Talmud, commentava:

“La donna è uscita dalla costola dell’uomo:

non dai suoi piedi perché debba essere pestata,

né dalla testa per essere superiore,

ma proprio dal fianco per essere uguale…

un po’ più in basso del braccio per essere protetta

e dal lato del cuore per essere amata”

(*vale però anche per gli uomini da parte delle donne).

Per “metterci cuore” però bisogna esporre il petto al rischio allargando le braccia come se fossero porte blindate da aprire.

Sono atteggiamenti di resa e insieme di affidamento.

Sono le dinamiche relazionali per accogliere e ricevere.

Sono le stesse caratteristiche di un abbraccio, che è il gesto con cui Gesù conclude la sua difficile spiegazione teorica.

Sono la descrizione della posa di Gesù in croce.

Sono il nostro gesto di invocazione nella preghiera.

Il contrario è la chiusura con le braccia conserte come barriera.

L’egoismo “cor-rompe”, letteralmente “rompe il cuore”, così si generano le guerre nel mondo e tra noi.

Abbiamo il cuore indurito, dice Gesù. Serve un trapianto.

Serve metterci il cuore senza mai dimenticare il cervello.

In “Dracula” di Bram Stoker si legge: “Meravigliosa Mina! Ha il cervello di uomo – con grandi doti – e il cuore di donna”. Non è vero che le persone funzionano come le clessidre, cioè quando si riempie il cuore, si svuota il cervello e viceversa.

Serve metterci il cuore rendendosi conto che è bello.

È dare tempo alla spiritualità, alla riflessione, alla lettura. Non ci si può svilire, sciupare, svendere, svuotare, inaridire.

Serve metterci il cuore e farlo stare bene là dove lo poniamo.

Non basta voler bene agli altri, bisogna abbracciare se stessi, darsi il diritto delle emozioni, il dovere del meglio, l’autodifesa dal brutto, l’esigenza della carineria.

Ci vuole coraggio a pensarsi, a curarsi, ad abbracciarsi così! Coraggio viene proprio dal latino “cor-habeo, avere cuore”: nelle scelte, nelle relazioni, nei giudizi, nelle percezioni, ma anche nelle tensioni, nelle delusioni, nelle crisi, nelle colpe.

Gesù crocifisso risorto ha il petto squarciato come Adamo.

La stessa cicatrice ce l’ha chi ci ha donato un pezzo di sé.

Ma io, quando, quanto, dove, come, con chi ci metto cuore?