SEMI DI MELA
11ma domenica del Tempo Ordinario B
VANGELO
Dal Vangelo secondo Marco. In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
RIFLESSIONE
Tutti sono capaci di aprire una mela e dire quanti semi ci sono, ma solo Dio sa quante mele ci sono in ognuno di quei semi.
Tutti possono tagliare in due la vita delle persone e facilmente dire la propria idea sparando giudizi o pregiudizi, analizzando i dettagli per come li si possono vedere, ma solo Dio sa quanto potenziale c’è nascosto dentro ogni scelta, dentro ogni azione, dentro ogni parola.
Tutti dovremmo imparare a guardare alla nostra interiorità domandandoci: cosa c’è che Dio vede in me come capacità, opportunità, energia e che io invece faccio fatica a cogliere?
Piove e ci lamentiamo, c’è nuvoloso e ci lamentiamo, fa caldo perché (finalmente) c’è il sole e ci lamentiamo: che tempo deve fare perché noi non ci lamentiamo?
Siamo affannosamente sempre di corsa e ci lamentiamo; capita di avere poco da fare e ci lamentiamo; veniamo cercati e ci lamentiamo; restiamo da soli e ci lamentiamo: che ritmo deve esserci perché noi non ci lamentiamo?
Cosa c’è che Dio vede (e io no) in questa o quella situazione al di là del percepibile, del prevedibile, dell’incasellabile?
Cosa c’è che Dio vede (e io no) oltre le mie prospettive blindate dai “mi piace? mi serve? mi spaventa?”
L’attenzione che Gesù oggi nel Vangelo ci fa porre alla natura, diventa per noi un esame di coscienza.
Successi e sconfitte, batticuori e crisi, sorrisi e lacrime, traguardi o coincidenze, emozioni e paure, magia e ovvietà, possiamo fissarci a sezionarli acidamente con analisi spietate oppure scommettere sul meglio provando a intuire la lezione che contengono, come potenza nascosta nel seme.
Se e quando qualcuno decide di diventare contadino della vita, non può più permettere ad altri di seminarci ciò che vogliono o di attraversarci quando vogliono facendo quel che vogliono.
Siamo responsabili del bene che trascuriamo di fare e di farci tanto quanto del male che abbiamo commesso.
La sapienza agricola ha alla base l’attenzione alle stagioni, perché è ciò che determina cosa fare.
Mi chiedo: sono rispettoso delle variabili come sto attento al meteo?
So cercare ciò che irriga le aridità in tempo di siccità?
So proteggermi dalle tempeste improvvise?
So aspettare che passi la nebbia o che si sciolga il gelo convinto che un debole germoglio è più forte dell’inverno?
So gustare i fiori e i frutti che mi sono donati quando fa bello?
Non è possibile cambiare le circostanze o le persone o il proprio carattere come non si cambiano stagioni e clima. Questo è il guardare dentro alla mela… è così! Punto.
Ognuno invece può credere nella forza di un piccolo seme dentro ogni elemento e quindi domandarsi dove collocarlo, come dargli attenzione, come proteggerlo, come farlo crescere.
È la possibilità di gestire l’energia di Dio dentro il nostro poco.
Essenziale però è avere ben presente, come insegna la terra, che non si raccoglie ciò che si semina, ma solo ciò che si cura.
Tutti sono capaci di aprire una mela e dire quanti semi ci sono, ma solo Dio sa quante mele ci sono in ogni seme, se curato.